IL SUONO: PER ACQUISIRE UN EQUILIBRIO MENTE-CORPO

 

 Introduzione

 

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Quante volte sentendo una melodia veniamo catapultati in un altro momento della nostra vita, in una situazione che abbiamo vissuto magari molti anni prima, percependo però le stesse emozioni, rivivendo in maniera quasi fotocopiata quell'istante passato.

La nostra esistenza è inscindibilmente legata a suoni di ogni tipo, siano essi più o meno gradevoli. Ci troviamo immersi in un mondo di suoni, piacevoli, melodiosi o fragorosi se provenienti dalla natura, inarmonici, caotici, insidiosi ed assordanti se prodotti dalla società di oggi.

Il suono non è soltanto qualcosa a cui noi sottostiamo passivamente, ma fa parte del modo di esprimere le nostre emozioni e le nostre idee: quando siamo tristi ecco un gemito, un singhiozzo o un pianto; quando siamo felici abbiamo bisogno di cantare, di ridere, di gridare; se dobbiamo esprimere un'idea o comunicare, la nostra voce è capace di adattarsi alla circostanza in una infinità di toni diversi. Lo stesso timbro della voce ha significato diverso e come tale viene decodificato dall'interlocutore, come tono di rimprovero, di esortazione, di comunicazione od altro.

In modo meno diretto anche i mass-media utilizzano la musica ed i suoni per trasmettere delle emozioni in chi ascolta, magari per suscitare un certo tipo di reazione o di bisogno. Si pensi ad esempio ai sottofondi musicali dei film che preannunciano una scena gioiosa piuttosto che un momento di suspense, oppure a quegli spot pubblicitari che enfatizzano l'aspetto sonoro del prodotto che reclamizzano.

Abbiamo dunque evidenziato che i suoni intorno a noi ci influenzano e ci condizionano e quelli che noi produciamo sono invece un indice del nostro stato interiore, siamo cioè giunti ad individuare i concetti di base su cui si fonda la suonoterapia.

 

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Da quanto si è detto sorge spontanea la domanda se si possa utilizzare il suono, e quindi anche la musica, per riequilibrare stati psico-fisici negativi dell'individuo. La risposta è senz'altro affermativa e l'esperienza ha confermato in particolare che con l'uso della musica si possono raggiungere ottimi risultati non solo in ambito terapeutico, ma anche per finalità psicopedagogiche.

Questa branca della suonoterapia si chiama musicoterapia e può essere definita come l'utilizzo della musica e degli elementi musicali (l'armonia, la melodia, il ritmo, il timbro, ..) per favorire l'integrazione fisica, psicologica ed emotiva dell'individuo e per la cura di malattie e disabilità. La musicoterapia è una forma di trattamento che prevede l'applicazione sistematica della musica, diretta dal musicoterapeuta in un ambito terapeutico, per raggiungere il ristabilimento, il mantenimento ed il miglioramento della salute mentale e fisica.

La Federazione Mondiale di musicoterapia la definisce come un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l'apprendimento, la motricità, l'espressione, l'organizzazione e altri rilevanti obbiettivi terapeutici finalizzati a soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive e a sviluppare le funzioni potenziali o residue dell'individuo per realizzare l'integrazione intra ed interpersonale e, in definitiva, a migliorare la qualità di vita.

 

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La terapia prevede una iniziale analisi dei problemi dell'individuo da parte di un musicoterapeuta professionista, a cui segue la formulazione degli obbiettivi del piano generale di trattamento. In tale direzione vengono elaborate ed attuate le specifiche attività musicali creative, in cui si instaura fra paziente e terapeuta un rapporto, in ambito clinico, che permette il prodursi di cambiamenti nella condizione del paziente. Periodiche valutazioni consentono di determinare l'efficacia delle procedure impiegate.

Lo scopo della musicoterapia è dunque quello di ristabilire e conservare la salute psichica e fisica attraverso il suono e la musica in tutte le sue forme, stimolando e rafforzando le parti sane della persona attraverso l'espressione, la creatività, la comunicazione e l'analisi delle relazioni. Si tratta di un approccio tipicamente olistico o globale che coinvolge l'individuo nella sua totalità, mettendo in gioco il corpo , la sensorialità, l'affettività e le facoltà intellettuali e mentali.

La musicoterapia permette al paziente di conoscere e migliorare il proprio io attraverso un cammino di consapevolezza che lo porta ad un migliore stato fisico e mentale e ad un più corretto e sereno approccio alle relazioni interpersonali.


 Breve storia

Le prime tracce di impiego della musica a scopo terapeutico si perdono nella notte dei tempi nei racconti della mitologia greca. La vera origine della musicoterapia viene fatta risalire a tempi lontanissimi che affondano le radici nella cultura e nella tradizione delle popolazioni del continente indiano, le cui scritture sacre lasciano intuire il legame profondo tra mondo manifesto e suono e ne descrivono palesemente l'impiego a scopo terapeutico.

La moderna scienza del suono in ambito clinico è nata e si è sviluppata proprio grazie agli approfonditi studi che le culture orientali hanno compiuto in questo affascinante campo. Molte intuizioni e scoperte relative al suono, elaborate dai saggi indù, trovano infatti oggi conferma da parte della scienza occidentale. Nonostante ciò molti settori accademici ed anche molte persone non appartenenti ai nuclei scientifici nutrono una spiccata diffidenza nei confronti di questa metodica, giustificata a volte dall'alone mistico che tuttora pervade certe scuole di pensiero.

Soltanto nei primi anni di questo secolo la musicoterapia è stata riconosciuta ed utilizzata come disciplina specifica ed efficace. Già alla fine dell'800 ed ai primi del 900, sia in America che in Europa, fu sperimentata con successo l'opera dei musicisti per alleviare le sofferenze dei degenti negli ospedali. Più tardi, negli Stati Uniti, furono condotti esperimenti in questo senso su soldati reduci dalla seconda guerra mondiale.

Si conoscono due principali scuole di pensiero sulla musicoterapia, una delle quali è di matrice prettamente medica ed una invece di stampo pedagogico. La prima fa riferimento alle teorie di Rolando Benenzon in Argentina ed Edith Lecourt in Francia, mentre la seconda fa riferimento a esperienze di Juliette Alvin in gran Bretagna, di Paul Nordoff e Clive Robbins negli Stati Uniti e più recentemente di Giulia Cremaschi Trovesi in Italia. Nonostante le origini remote, l'applicazione ed il riconoscimento collettivo di questo tipo di terapia è molto recente, per cui nei diversi paesi si tende a seguire un'impostazione piuttosto che l'altra, anche se attualmente si sta cercando di fondere e renderne più organico il pensiero. 


Come funziona : aspetti terapeutici del suono e della musica

 

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Per meglio comprendere i modi e i mezzi d'azione e prima di addentrarsi nella trattazione specifica, è opportuno richiamare alcuni termini e concetti tecnici. Fisicamente il suono è da intendersi come vibrazione di un mezzo elastico a questo trasmessa dalle vibrazioni di un corpo eccitato oppure, equivalentemente, come piccola perturbazione del mezzo elastico in cui si propaga, le cui molecole sono messe in vibrazione con frequenze dell'ordine di poche migliaia di Hz.

Nel linguaggio comune si intende invece la sensazione uditiva acustica prodotta da tali vibrazioni. L'orecchio umano è in grado di percepire vibrazioni che spaziano in un campo di frequenze da circa 16 Hz fino a circa 16 KHz. Il concetto di suono è quindi collegato all'organo di senso in grado di percepirlo. Se consideriamo tutto lo spettro di frequenze possibili, compresi gli infrasuoni e gli ultrasuoni, possiamo affermare che ogni corpo in vibrazione emette un suono; questo fenomeno avviene con una facilità ed una frequenza notevolissima nell'ambiente che ci circonda: basta infatti che due corpi si sfiorino o un corpo si muova in un fluido che subito ne scaturisce un suono.

Ogni oggetto possiede una propria peculiare caratteristica sonora derivante dalla unicità della sua struttura fisica. In base a questo principio l'intero nostro pianeta e tutto il cosmo, ove vi sia un mezzo che ne consenta la propagazione, è suono.

Facciamo ora un passo avanti nella comprensione di come agisca la musicoterapia. Fin dalla nostra infanzia abbiamo vissuto, sperimentato ed immagazzinato diversi modelli sonori, associando a ciascuno di essi una particolare entità definita (una sensazione, un significato, una reazione biochimica, una circostanza o, più in generale, un concetto): tutti questi suoni possono essere definiti modelli sonori condizionati, in quanto derivanti da una associazione mentale. Esistono però anche dei modelli sonori incondizionati, a cui appartiene tutta una gamma di "suoni primitivi", puro riflesso delle emozioni e comprensibili da tutti senza bisogno di precedenti condizionamenti cognitivi.

Oggigiorno esistono solo due suoni incondizionati (primitivi): il pianto e il riso; tutti gli altri suoni primitivi sono ormai scomparsi insieme ad una parte della spontaneità comportamentale. E' proprio in questo contesto che entra in gioco il potere della musica e del suono in senso lato. Non è difficile infatti rendersi conto che il principale effetto che tutti i suoni, ed in particolare la musica, producono su di noi è rappresentato proprio da emozioni.

La musica ha il grande potere di suscitare forti sensazioni emotive, sia in chi la produce che in chi l'ascolta, in funzione del tipo di esperienza personale se si tratta di suoni condizionati o comuni a tutti gli individui se si tratta di suoni primitivi. Tenendo conto che l'enorme bagaglio di accumuli emotivi che risiedono nel nostro essere sono spesso causati dal blocco delle emozioni e sono la principale causa dei fenomeni patologici a sfondo psicosomatico, non è difficile rendersi conto del potenziale benefico della musica: essa suscita emozioni positive che correttamente sfruttate possono rimuovere o trasformare le energie negative accumulate che causano un errato funzionamento della struttura psicofisica.

 

 

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Un effetto più diretto, ma meno riconoscibile, è rappresentato dalla vibrazione indotta sul nostro corpo dalla sorgente che produce il suono. Ogni strumento musicale produce infatti vibrazioni particolari, rappresentate dalle onde acustiche generate dal mezzo eccitante (le corde di una chitarra o di un pianoforte, le superfici di un tamburo o di uno xilofono, …), che giungono fino a noi e ci trasmettono il loro potere inducendo il nostro corpo a vibrare anch'esso.

In termini fisici si potrebbe interpretare l'onda sonora come forzante esterna agente su di un sistema meccanico inerte rappresentato dal nostro corpo; in funzione dell'energia trasmessa (molto debole nel caso della musica) e del peso delle singole armoniche elementari dello spettro di frequenze rispetto alle frequenze proprie delle parti del corpo, si può teoricamente giungere localmente al fenomeno di risonanza. Il timpano del nostro orecchio ad esempio, sollecitato dalle onde acustiche esterne, vibra alla stessa frequenza dell'onda incidente e trasmette questo segnale, opportunamente trasdotto dal sistema nervoso, fino al cervello producendo la sensazione acustica.

Attraverso la cassa armonica degli strumenti musicali, il fenomeno della risonanza può essere utilizzato in musicoterapia per indurre la persona a sentirsi accolta e compresa, senza l'ausilio di parole. Questa atmosfera può riportare ciascuno di noi alle esperienze originarie vissute nella nostra storia personale fin dall'istante del concepimento. Sono infatti ormai a tutti noti i risultati delle ricerche condotte al fine di valutare l'influenza dell'ambiente sonoro in cui si sviluppa il feto. La vita all'interno del grembo materno è un susseguirsi di fenomeni sonori che presentano aspetti costanti come il pulsare del cuore, il circolare vorticoso del sangue, l'immissione ed emissione dell'aria e variabili come la voce e tutti i suoni provenienti dall'esterno.

Per tutti i mesi della gestazione la nuova vita, all'interno del copro materno, si nutre di alimenti attraverso la placenta e di esperienze acustico-sonore che impregnano di esperienza il bambino che sta crescendo ed influenzeranno la sua vita futura. Tutti questi suoni rappresentano la prima orchestra conosciuta da ogni essere umano.

In sintesi possiamo affermare che il suono viene raccolto dal nostro orecchio ed elaborato dal nostro cervello in una collezione di emozioni che producono in noi modificazioni a livello psichico (rilassamento, paura, ansia, …) e fisico a livello delle funzioni vitali dell'organismo (una musica brillante, ad esempio, produce un aumento della frequenza del battito cardiaco, mentre gli strumenti a corda favoriscono la peristalsi intestinale). Tutto ciò naturalmente è vero se si assume un atteggiamento attivo nei confronti della musica: ascoltarla passivamente è come guardare un quadro d'autore senza vederlo.

Il musicoterapeuta conosce gli effetti positivi della musica e deve stare attento a non mettere in atto quelli negativi. Come per tutto quanto riguarda l'uomo, ciò che può fare bene se somministrato oculatamente, in dosi eccessive può essere nocivo. Questo vale anche per la musica, in modo a volte palese e a volte così sottile da diventare perfino subdolo. Questo non significa che non ci si possa accostare alla musica con energia e vigore. Possiamo infatti lasciarci cullare dalla melodia, dall'armonia, dal ritmo e dal timbro (elementi distintivi della musica) in un abbraccio che ricorda quello del grembo materno, oppure possiamo partecipare attivamente all'atmosfera musicale creando musica o lasciandoci trasportare e liberando le nostre emozioni anche con un'esplosione incontrollata di gesti e suoni.

Entrambi gli approcci possono essere presi in considerazione, purchè sussista l'elemento fondamentale che caratterizza il modo di accostarsi alla persona da parte del musicoterapeuta rispetto ad altre forme di intervento (rieducazione, riabilitazione, psicoterapia) e cioè l'ascolto empatico. L'ascolto empatico si basa sul ricalco della postura della persona della quale il musicoterapeuta si vuole prendere cura. Il ricalco posturale consiste nel rimarcare il tono energetico della persona facendole avvertire di essere accolta ed apprezzata.

Attraverso questo artificio, specifico della musicoterapia, si ottiene una comunicazione diretta, immediata, imprevedibile, modificabile in ogni attimo ed adeguabile ad ogni circostanza senza dover ricorrere a parole, a richieste, a spiegazioni. L'ascolto empatico si attua attraverso l'euritmia

ed il dialogo sonoro. Euritmia è un termine antico, in uso presso la civiltà greca, e sta ad indicare la coordinazione fra suoni-ritmi e movimenti.

La madre che allatta il proprio bambino compie un gesto euritmico, cullandolo e dondolandolo mentre gli sussurra parole affettuose o gli canta una melodia, adeguando ogni gesto ed ogni suono a quanto il piccolo sembra gradire di più, infondendogli sicurezza, fiducia e gioia. Il musicoterapeuta può cercare di riprodurre , o meglio di imitare questa situazione, servendosi ad esempio della grande cassa armonica di un pianoforte a coda vicino al quale o sul quale adagia il bambino nella posizione che questo preferisce e adeguando ogni gesto ed ogni suono alle reazioni del bambino ricalcando le emozioni del bambino e valorizzandole nel gioco musicale. In questo modo si possono richiamare le emozioni positive e le vibrazioni che il canto della madre induceva sul corpo del figlio. Il musicoterapeuta in questo modo interagisce con la persona che presenti una patologia per condurla verso il superamento delle sue difficoltà.

Gli aspetti teorici più evidenti dell'attività musicoterapica possono essere individuati dunque nel fenomeno della risonanza, nel dialogo sonoro e nell'improvvisazione musicale, nell'ascolto empatico, vissuti magari con la presenza contemporanea di due terapisti con formazione differente e complementare e, qualora si tratti di bambini o ragazzi, alla presenza dei genitori. Una corretta applicazione del metodo musicoterapico prevede inoltre il confronto costante con l'équipe di medici specialisti che hanno in cura la persona e con le persone che eventualmente si prendono cura dell'educazione o dell'inserimento sociale dell'individuo. La figura del musicoterapeuta viene così a trovarsi nella difficile posizione di dover mediare ed amalgamare produttivamente gli aspetti del mondo medico, sociale, educativo e personale della persona in cura. Sottolineiamo che la musicoterapia non ha come fine l'apprendimento musicale, ma si prefigge di portare il corpo alla parola attraverso la relazione suono-corpo-affetti.

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Si riscontrano notevoli differenze nell'accostamento a questo tipo di trattamento tra i soggetti adulti e i bambini. Da parte di un adulto, fare o ascoltare musica può essere immediatamente valutata dall'adulto come una perdita di tempo, mancando una risposta immediata e precisa di tipo produttivo, senza lasciare alcun margine all'imprevedibilità; un bambino è più disposto a vivere questa esperienza come un gioco con un atteggiamento più spontaneo, gioioso, imprevedibile e pronto a compiere nuove esperienze. In musicoterapia, invece l'imprevedibilità è la regola fondamentale: essa è ciò che attira la nostra attenzione, rompendo gli schemi consueti; i bambini sono spesso imprevedibili ed anche per questo motivo sono al centro della nostra attenzione. Quest'ultimo è il miglior modo di affrontare l'esperienza musicoterapica ed ottenerne risultati.. La regola dell'imprevedibilità è tipica dell'arte e trova il suo fondamento nell'originalità che caratterizza ogni essere umano, differenziandolo dal suo simile. In musicoterapia si agisce attraverso l'ascolto empatico a salvaguardia dell'originalità di ogni persona.

A titolo di esempio, tra i brani che svolgono un'azione rilassante si ricordano: Le Cygne di C. Saint-Saëns, i primi minuti dell'Ouverture Tannhäuser di R. Wagner, nonché l'Aria della Suite n°3 in re maggiore di J. S. Bach. Un'azione tonificante è prodotta invece dall'ascolto dell'Ouverture Rienzi di R. Wagner e dalla Danza delle ore di A. Ponchielli.

 

 

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A chi si rivolge

E' necessario puntualizzare che non è possibile produrre mutamenti radicali ed immediati in un quadro patologico attraverso l'ascolto di suoni o melodie, ma si cerca di portare l'individuo in una condizione psicofisica che ne favorisca il miglioramento iniziando con il ricercare la frequenza tonica propria di quella persona, alla quale corrisponde uno stato di quiete fisica e mentale.

La musicoterapia può essere fatta in gruppo o individualmente da tutti coloro che debbano liberare corpo e mente da costrizioni e blocchi energetici frutto di atteggiamenti e meccanismi di difesa costruiti giorno per giorno, spesso responsabili di quel malessere e di quel disagio che spesso sfociano in disturbi o malattie, o che comunque rendono il soggetto disarmonico.

Il campo d'azione di questo tipo di trattamento spazia dai disturbi psichiatrici (disturbi depressivi, relazionali e di contatto), alla psicogeriatria, alla medicina interna ed oncologica, alle cure puramente palliative, alle malattie da dipendenza, ai disturbi dell'alimentazione, fino alla pedagogia curativa dei bambini e degli adulti handicappati fisici e mentali. Spazio alla musicoterapia è dato inoltre nell'ambito della medicina antroposofica in ospedali e cliniche psichiatriche, in fondazioni di pubblica utilità e in istituzioni private, oltre che naturalmente da professionisti privati.


Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista l'Erborista